Trasparenza retributiva e parità di genere: cosa prevede la Direttiva UE 2023/970 e quali obblighi introduce per le aziende
Dal 7 giugno 2026 è entrata in vigore in tutta l’Unione Europea la Direttiva 2023/970, una normativa che segna un importante passo avanti nel contrasto al divario retributivo di genere e nella promozione della trasparenza salariale. L’obiettivo della direttiva è chiaro: garantire una retribuzione equa per uomini e donne a parità di mansioni, rafforzando il diritto all’informazione per lavoratrici e lavoratori.
In Italia, la direttiva dovrà essere recepita entro quella data, comportando significative modifiche al quadro normativo nazionale, in particolare in materia di “informazione retributiva, obblighi del datore di lavoro, privacy e strumenti di tutela”. In questo approfondimento analizziamo i principali contenuti della Direttiva, i diritti riconosciuti ai dipendenti e gli obblighi per i datori di lavoro, con un focus sulle implicazioni giuridiche e pratiche.
Obiettivo della Direttiva: più equità, più trasparenza
La Direttiva 2023/970 si inserisce nel solco degli interventi normativi comunitari volti a rafforzare il principio di parità retributiva sancito dall’art. 157 del TFUE. Secondo i dati della Commissione Europea, il divario retributivo di genere nell’UE è ancora superiore al 12%, nonostante i divieti di discriminazione siano in vigore da decenni. La nuova Direttiva cerca di superare uno degli ostacoli principali a una reale parità salariale: la mancanza di trasparenza.
In sintesi, la direttiva impone agli Stati membri di introdurre misure che permettano ai dipendenti di conoscere i criteri retributivi adottati all’interno delle aziende e, in particolare, le medie salariali suddivise per genere tra lavoratori che svolgono la stessa mansione o mansioni di pari valore.
Diritto all’informazione retributiva: cosa potrà chiedere il dipendente
Uno degli aspetti centrali della Direttiva è il riconoscimento, per ogni lavoratore o lavoratrice, del diritto di richiedere e ottenere informazioni dettagliate circa:
– la propria fascia retributiva individuale
– la retribuzione media, distinta per genere, dei lavoratori che svolgono lavori uguali o di pari valore presso la medesima organizzazione.
La richiesta potrà essere presentata direttamente dal dipendente, tramite rappresentanze sindacali oppure per il tramite di organismi per la parità. Il datore di lavoro avrà due mesi di tempo per fornire una risposta scritta, completa e precisa.
È importante sottolineare che le informazioni fornite dovranno essere rese in forma aggregata e anonima in conformità con quanto previsto dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR). Questo significa che il lavoratore avrà diritto a conoscere dati medi e suddivisi per genere, ma non potrà risalire alla retribuzione di singoli colleghi. In assenza di una manifestazione volontaria da parte del singolo lavoratore, la busta paga individuale resterà tutelata.
Obblighi per i datori di lavoro: trasparenza, rendicontazione e cooperazione
La Direttiva introduce una serie di obblighi proattivi a carico dei datori di lavoro tra cui:
– fornire informazioni retributive chiare e accessibili già nella fase di selezione del personale (es. indicazione della fascia retributiva nella descrizione dell’offerta di lavoro);
– predisporre sistemi di valutazione neutrali rispetto al genere per determinare la retribuzione e la progressione di carriera;
– per le imprese con più di 100 dipendenti, l’obbligo di rendicontazione periodica sul divario retributivo di genere interno;
– cooperare con le autorità nazionali e con gli organismi per la parità in caso di verifica o accertamenti.
L’inadempimento di tali obblighi potrà dar luogo a sanzioni amministrative, azioni risarcitorie individuali e, nei casi più gravi, interventi correttivi da parte dell’Ispettorato del lavoro o di altri enti competenti.
Privacy e protezione dei dati: il limite invalicabile
Il diritto alla trasparenza salariale si scontra inevitabilmente con il diritto alla riservatezza. La Direttiva stessa precisa che tutte le informazioni devono essere trattate nel rispetto della normativa europea sulla protezione dei dati personali. Ciò implica, in concreto, che:
-le informazioni fornite non devono consentire l’identificazione dei singoli lavoratori;
-le aziende devono adottare misure organizzative e tecniche per garantire l’anonimato;
-l’accesso a dati individuali resta riservato ai rappresentanti dei lavoratori, agli organismi di vigilanza o alle autorità competenti, esclusivamente nell’ambito di indagini o contenziosi.
Profili di contenzioso e tutela legale
Uno degli elementi di maggiore interesse giuridico riguarda la facilitazione della prova nei procedimenti per discriminazione retributiva. Grazie alla possibilità di accedere a dati medi e aggregati, sarà più agevole per il lavoratore o la lavoratrice che si ritenga discriminato/a fornire indizi sufficienti per attivare l’inversione dell’onere della prova, prevista dalla normativa antidiscriminatoria.
In tal senso, la Direttiva rappresenta un potenziale punto di svolta nella tutela sostanziale del principio “a parità di lavoro, parità di retribuzione”.
Verso un diritto del lavoro più trasparente
L’attuazione della Direttiva UE 2023/970 comporterà un ripensamento di alcune prassi consolidate nei rapporti di lavoro, soprattutto in termini di comunicazione interna, gestione delle risorse umane e compliance normativa. Il “segreto salariale” non scompare del tutto, ma viene ridimensionato per consentire una maggiore equità e parità tra generi.
Per aziende e datori di lavoro sarà fondamentale prepararsi per tempo, aggiornando policy interne, regolamenti e strumenti contrattuali. Per lavoratori e lavoratrici, si aprono invece nuove possibilità di controllo e tutela dei propri diritti