Stem e non solo
È degli ultimi tempi la discussione sull’assenza delle donne in discipline scientifiche STEM dove pare si esprimano le professionalità che ottengono maggiori riconoscimenti economici e sociali.
In Italia, le donne iscritte a corsi di laurea STEM restano sotto il 40%, un dato che mostra la predilezione degli studi umanistici e di quelle discipline che, più per il dato quantitativo, sono ormai considerate “femminili”. Nel campo dell’educazione, ad esempio, il numero di maestre raggiunge il 96-99% rispetto a quella dei maestri perché gli orari di lavoro sarebbero più compatibili con altre funzioni che le madri e le figlie di genitori anziani svolgono nella società contemporanea e che riguardano l’attività di cura dei propri familiari, i figli ed i genitori.
È tutta una corsa, oggi, a pensare a misure che incentivino le donne ad effettuare delle scelte che siano più basate sul mercato che non sulle proprie inclinazioni personali, posto che non sempre è facile capire se sia il bisogno a condizionare le scelte o se queste possano liberamente costruirsi sulla base di un’autodeterminazione di cui disponiamo pienamente.
Le donne in Italia ricoprono ruoli lavorativi per la maggioranza in ambiti come l’istruzione, assistenza ad anziani e disabili, commercio di confezioni per bambini, centri estetici e per il benessere fisico. Tuttavia, nel corso dei primi mesi del 2023, l’impiego delle donne è risalito, raggiungendo livelli senza precedenti e contribuendo a generare quasi il 40% dei nuovi posti di lavoro.
Ora il discorso si fa capzioso e per questo interessante e spesso i tempi ci portano a sposare delle convinzioni che sembrano essere più il frutto di mode che non di ragionamenti ponderati.
Il lavoro, al giorno d’oggi non è più un fattore che si aggiunge alla nostra realtà di vita, ma ne costituisce l’essenza: è evidente nel modo che abbiamo di relazionarci gli uni con gli altri e dopo la canonica frase di cortesia “Come stai?”, quando si incontra una persona, si costruisce la relazione con l’altra nel momento in cui si pone la domanda “Di cosa ti occupi?”. Mai come oggi, ci identifichiamo pienamente con il nostro lavoro e con quello che facciamo, sia in termini economici che di status personale. Pertanto, diventa essenziale comprendere l’importanza della scelta del percorso di studi, indagare come e perché si sceglie una strada o l’altra e di conoscersi in maniera tutt’altro che superficiale.
Spostando il piano del ragionamento sul personale ricordo perfettamente quando si costruì, dentro di me, la convinzione di studiare giurisprudenza come unica ipotesi che non contemplava altre aperture. Certo era facile ai miei tempi (che odiosa questa frase!) perché il percorso di studi portava necessariamente a professioni già visibili in partenza: avvocato, magistrato o poche altre professioni. Oggi l’assenza delle donne in molte professioni e il gender pay gap costituiscono i dati da cui partire per costruire percorsi di formazione e di affermazione delle donne, colmando le disparità che purtroppo intrecciano la vita di ciascuna di noi.
Dunque, certo, più donne nelle materie scientifiche e molto utile l’educazione economica che si deve costruire fin dalle prime fasi della vita da parte dei genitori, ma anche apertura alle differenze e alle individualità per essere, finalmente, libere di poter essere ciò che si vuole essere.