Il distacco esistente tra la rappresentazione della donna nella società e le caratteristiche di una leader è consistente nel nostro paese. E’ corretto parlare di leadership femminile, considerando il fatto che, soprattutto nella sfera pubblica le figure femminili rivestono ruoli importanti, ma difficilmente apicali.
La ragione per cui le donne non sono viste nei più alti livelli della vita organizzativa è anche perché non conoscono le regole del gioco non avendo avuto, per ragioni storiche, molta confidenza con quelle funzioni. Oggi il tema è cogente a fronte di un movimento globale che rivendica la necessità di considerare concepibile solo una democrazia che sia paritaria.
Occorre lavorare su strategie chiare per creare delle leader: predisporre le donne a raggiungere i vertici ( mediante un lavoro formativo, educativo, di superamento di stereotipi) ; valorizzare le differenze ( analizzand i casi di Ségolène Royale, Angela Merkel, Michelle Obama, Hillary Clinton è evidente come abbia giocato un ruolo diverso la strategia di mettere l’accento o meno sul genere delle protagoniste ); creare pari opportunità generando un meccanismo in cui le differenze non siano di ostacolo alla creazione di meccanismi paritari; rivedere la cultura del lavoro.
Questo approccio, ripreso da D. Kolb è il più potente, ma è anche il più difficile da mettere in pratica. Esso si focalizza sui fattori sottintesi che rendono un luogo di lavoro e la sua organizzazione caratterizzate e connotate sessualmente: infatti, oggi, tutti i sistemi organizzativi, le procedure, le strutture riflettono esperienze maschili, valori maschili e situazioni di vita maschili.